Spigoli

luglio 25, 2013

Non era stato a casa di lei molte volte, cinque o sei al massimo, e tutte quelle volte era troppo distratto dal volerle stare vicino per ricordarsi la disposizione di ogni singolo mobile come fosse casa sua. A casa di lei lui guardava lei, non la casa. A casa di lei la guardava più che poteva perché sapeva che poi per un po’ non l’avrebbe rivista e doveva farsene una ragione. Succede che lui è a casa di lei ma deve lavorare al computer qualche ora di notte mentre lei dorme. Succede che salta la luce e l’unica fonte di salvezza, il cellulare, è nella stanza con lei, spento, dall’altra parte della casa. La casa è molto grande ma stretta, con librerie a decorare questi corridoi così angusti da pensare perché cazzo uno dovrebbe metterci pure delle librerie se già ci si cammina a fatica. Lui queste librerie mica le conosce bene, sa che c’è il tavolino vicino alla porta in salotto per andare in cucina ma il resto è buio, come la casa, come il palazzo, come tutta la strada fino all’incrocio.
Ha sempre pensato che gli spigoli siano belli, sulle cose e sulle persone, ma al buio il discorso cambiava, soprattutto se si era scalzi. Al buio gli spigoli di lei diventavano linee da tracciare finché non ci si addormetava; gli spigoli delle sue cose, invece, diventavano minacce. Pensò che tanto valeva farsi strada, piano piano, e nulla sarebbe potuto andare storto; era al buio, mica scemo. Ad ogni passo tra il salotto e la cucina gli sembrò di tornare indietro alla prima volta che andò da lei, a casa dei suoi genitori. Dovevano fare piano e non potevano accendere la luce perché il padre dormiva sul divano; ridevano con la mano davanti alla bocca, lasciandosi andare solo in cameretta. Superata la cucina pensò che non ci fosse metafora migliore per descrivere l’amore prima dei diciott’anni, e che non ci fosse sensazione migliore di quella parvenza d’illegalità da affrontare in punta di piedi.
Il corridoio invece era come loro; sembrava un casino a pensarci, ma al buio era tutto molto più semplice. Bastava appoggiarsi alla parete e seguirla, ed era un po’ come appoggiarsi l’un l’altro in quei momenti un po’ sfortunati, o prendersi per mano. Pensò che non ci fosse metafora migliore di quella per descrivere la sua idea d’amore, e anche se in quel momento era da solo si rese conto che ricordarla camminare per la casa era l’unica cosa che lo faceva proseguire con sicurezza.
Appena raggiunta la porta della camera vide dalla finestra la luce dei lampioni. Sollevato, accese la luce in camera, si imbabolò un attimo a guardarle uno zigomo e, facendo un passo avanti, diede un tremendo calcio alla porta, svegliandola.
Prima che lei potesse chiedergli niente lui era già scoppiato a ridere.

Lascia un commento